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Vite infinite un libro di Diego K. Pierini

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DIEGO K. PIERINI ‘VITE INFINITE’
MEMORIE AD ACCESSO CASUALE DI UN VIDEOGAMER
Edizioni Ultra – 2017

Gli occhi incollati agli schermi, i calli dovuti alle manopole, i mostri di fine livello e un altro gettone per continuare il gioco sognando di avere “Vite infinite”. Fari puntati sul “videogame” raccontato dal brillante autore sabino d’adozione Diego K. Pierini in un diario atipico, minuzioso e profondamente intimo che mescola impressioni, riflessioni, ricordi personali e molta ironia per parlare di uno dei più grandi fenomeni intergenerazionali dell’era moderna.

Nato ad Ancona nel 1979, è la prova vivente che i videogiochi fanno male. Miope, moderatamente sociopatico, ridotto in povertà dalla passione per le consolle vintage e come se non bastasse laureato in filosofia. Ha scritto d’intelligenza artificiale, culture digitali, musica e cinema. Ha alle spalle un lungo percorso nel settore televisivo, prima come autore di Parla con me, quindi a Voyager, The Show Must Go Off e Gazebo, con cui lavora tuttora, e collabora con Synthesis come traduttore freelance di videogiochi.

Da 15 anni vive a Poggio Mirteto e la sua carriera spazia di arte in arte, con una particolare attenzione a quella letteraria. Ha scritto d’intelligenza artificiale, culture digitali, musica e cinema. Ha pubblicato un saggio sull’intelligenza artificiale 'Noi, robot' (Bandalarga, 2010) e una raccolta di racconti, 'SubLimen' (Ensemble, 2012).

Dall’intervista apparsa in Archivio, Cultura, Index 07/09/2017

Il tuo libro è scandito sui tuoi ricordi e al centro ci sono i videogamer, più che i videogame. Perché hai fatto questa scelta?

Diego K. Pierini

Questo libro non è un romanzo e non è un semplice saggio, ma un diario atipico, minuzioso
e a suo modo profondamente intimo che mescola impressioni, spunti di riflessione, ricordi personali e molta ironia per parlare di uno dei più grandi fenomeni intergenerazionali dell’era moderna: il videogame. Leggere questo libro significa indossare di nuovo, magicamente, i panni di un ragazzino degli anni Settanta. Uno di quelli (tutti,più o meno) che da un giorno all’altro si sono trovati di fronte a una sconosciuta tecnologia aliena fatta di schermi luminosi, manopole e fessure avide di monetine. Catapultati in una dimensione alternativa ricolma di enigmi, mostri di fine livello, genitori apprensivi e vite extra, sarete protagonisti di un’avventura lunga oltre tre decenni.

Il testo tutto sommato vede i due soggetti in equilibrio paritario: rivolgere agli esperti di videogames una nuova disamina sul tema mi pareva inutile, mentre mi premeva molto di più offrire un affresco più emozionale che andasse a rievocare, in chiave nostalgica ma anche decisamente ironica, l’epopea ipersatura ed entusiasmante di quei figli estetici degli anni 80 la cui psiche è rimasta tragicamente corrotta dalle ore spese tra mondi fantastici e manipolazione onanistica del proprio joystick (ma anche da Drive In e Automan). Qualcuno doveva pur spiegare la sociopatia e il decremento della vista da cui è affetta l’ultima generazione analogica. Ciò detto, parlare del mondo dei videogiochi, più che dell’oggetto videogioco, è un escamotage per toccare argomenti molto più vari, dalla sottocultura musicale al cinema, dal rapporto con le riviste alle relazioni umane.

Ufficio Stampa: Elisa Fantinel - 3358160566 –
elisafantinel@yahoo.it
www.elisafantinel.it

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